I.A. Nessuno sa come funziona la scatola nera (II di VI) | IASSP (2024)

Molti degli errori e dei ritardi nel progresso della conoscenza, più che a carenze di verità scientifiche e di dimostrazione documentabili, sono legati alla diffusa credenza in vari tipi di metanarrazione, (politiche, religiose, sociali). Tutte con un più o meno elevato grado di utopia.

Secondo Jean François Lyotard, la liberazione (e il progresso) dell’umanità è un mito che si autolegittima, una grande narrazione, o una metanarrazione, sostenuta e rafforzata da quando l’Illuminismo è riuscito a trasformare la filosofia in militanza politica. Lyotard fin dagli anni 70 del secolo scorso ha definito la condizione postmoderna come “scetticismo nei confronti di ogni tipo di metanarrazione”.

Per metanarrazioni si intendono le verità assolute, i fini ultimi, presupposti come universali, che sono usati per legittimare i più svariati progetti, sia politici che scientifici. Tipici esempi di queste metanarrative sono rappresentati da: l’emancipazione dell’umanità attraverso l’emancipazione del lavoro e dei lavoratore (Marx); la creazione di benessere e ricchezza per tutti (Adam Smith); l’evoluzione della vita e dell’uomo col passaggio da una specie all’altra, (Darwin); il dominio della mente inconscia (Freud, Lacan).

Lyotard preannunciò il suo scetticismo verso queste metanarrazioni nel 1979, 10 anni prima della caduta del muro di Berlino, con cui il mondo dall’oggi al domani prese atto del collasso totale della grande narrativa socialista. Tanto da stimolare Francis f*ckuyama a parlare di “fine della storia”.

Lacan fece sua l’ipotesi dell’inconscio come linguaggio. Saussure, Merleau-Ponty, Foucault, Barthes, Derrida per il pensiero filosofico, Levi-Strauss e Levy-Bruhl per l’antropologia e l’etnografia, Chomsky per il linguaggio come grammatica e sintassi universale raggiunsero l’acme della loro popolarità e del loro successo in quegli anni.

In particolare, Lyotard mise in discussione un altro mito metanarrativo, oltre a quello dell’emancipazione politica, come la legittimazione di una moderna visione della scienza.

Questo mito dell’unità speculativa di tutta la conoscenza, il sogno della filosofia moderna ha la sua origine in Aristotele, ma è stato massimizzato nella metafisica dell’idealismo italiano. Questo sogno ideale, esemplificato nelle moderne università con una serie di diverse facoltà e discipline, simile a una sorta di cervello dipartimentalizzato, con i suoi diversi specialisti dell’intelletto, non è più sostenibile alla luce della nuova natura della conoscenza.

La novità principale è rappresentata dal processo delle informazioni nel cyberspazio, che quantifica la conoscenza secondo la logica computazionale.

Inoltre negli anni ’60-’70 del Novecento lo strutturalismo era parte di una visione ancora più generale del mondo e della conoscenza, intesa come ricerca di ciò che “sta dietro”, costituisce il fondamento vero di ciò che appare. Così come l’inconscio è ciò che sta dietro l’apparenza. Ci si proponeva di dare risposte ai tre Big Problems: rappresentazione, riproduzione e legittimazione. L’unica soluzione plausibile era lo scetticismo di Lyotard verso i metalinguaggi.

Si incominciò a parlare quindi di metalinguaggio, cioè di un linguaggio tecnico come lo strutturalismo, disegnato per descrivere le proprietà del linguaggio ordinario.

Wittgenstein aveva fin dal 1920 evidenziato i limiti della logica. Una posizione privilegiata o meta-linguistica, un miraggio creato dal linguaggio stesso. Lo strutturalismo, la semiologia e le altre forme di metalinguistica, che promettevano la liberazione dagli enigmi del significato, riconducevano sempre indietro al linguaggio, una situazione senza via di uscite, con il pericolo di una visione relativista e persino nichilista della ragione stessa. In particolare la decostruzione è stata accusata di relativizzare ogni cosa.

Ma che cos’è la decostruzione? Uno dei più autorevoli esponenti del postmodernismo è stato Jacques Derrida, il quale ha individuato come bersaglio della sua critica l’assunto centrale della filosofia occidentale, la Ragione, a suo dire dominata dalla metafisica della presenza. La storia della filosofia, da Platone ad Aristotele, a Kant e ad Hegel fino a Wittgenstein e ad Heidegger, è stata una costante ricerca logocentrica.

Logos è la parola greca con cui si esprime il pensiero interiore o la ragione stessa. Oggi molti di quei problemi e di quelle discussioni, in particolare il modo stesso e la finalità con cui i problemi venivano posti, sono stati superati dalle moderne conoscenze scientifiche.

Il sapere critico non si ferma gli slogan, alle citazioni, al sapere in pillole, non può sposare un tipo di lettura degli eventi per cui proprio in quegli anni venne proposto il termine di metanarrazione ed escludere, o rigettare completamente, le narrazioni opposte, soprattutto se presentano un solido fondamento scientifico.

A livello linguistico, veniva fatta una distinzione all’interno delle varie unità significanti, come le parole o monemi, ognuna delle quali è dotata di un proprio valore o significato, e le unità distintive come i fonemi, i suoni, parte della forma, ma senza alcun valore diretto.

In particolare, alla base della codifica anche cerebrale e intellettuale della lingua, come atomo fondamentale, veniva posto il fonema, l’unione elementare di una vocale con una consonante, a formare una sillaba. Si riteneva che il linguaggio di codifica a livello organismico dei vari atomi linguistici fosse il significato.

In realtà, studi recenti di Mesgarani e coll., pubblicate dal 2012 al 2017 su riviste come Science e Nature, hanno dimostrato che la codifica delle parole ascoltate o pronunciato dell’individuo non avviene sulla base del fonema, considerato come l’atomo fondamentale, quello che determina il significato, ma sulla base delle “features”, cioè degli stati di funzione intracorporea.

In altre parole, le consonanti plosive, (d, p, t, d) vengono codificate insieme, perché determinano la stessa perturbazione funzionale, (contrazione dei muscoli intercostali del diaframma, con arresto del respiro), senza alcuna distinzione tra loro, così come insieme vengono codificate le consonanti fricative, (s, r, z), il cui suono è provocato dalla contrazione dei muscoli del canale laringeo. Pertanto, a determinare l’iniziale metodo di codifica a livello cerebrale degli atomi fondamentali del linguaggio, non è il fonema con il suo significato razionale, ma la feature, cioè la variazione di stato di funzione dei vari organi corporei.

Esiste un linguaggio del corpo, basato sulla modifica degli stati di funzione corporei, che è attivo e prioritario rispetto alla razionalità e al significato nella codifica della parola udita o detta. Questa è diventata nell’ultima decade scienza codificata, mettendo in crisi tutte le precedenti teorie sul linguaggio. Così come sono state riconsiderate le precedenti classificazioni e distinzioni tra ordine metaforico o paradigmatico ordine metonimico o sintagmatico, e rivisti i criteri classificativi dell’ordine simbolico alla base della semiologia.

Negli ultimi 30 anni sono state effettuate nel campo della neurofisiologia, della fisiopatologia, della ricerca dei correlati neurali e dei corrispettivi anatomo-funzionali, scoperte più rilevante rispetto ai 3000 anni precedenti. Di questo sia la filosofia, che l’estetica, la critica letteraria e artistica, così come la sociologia, l’antropologia, la politica, la giurisprudenza e le moderne discipline che si occupano di intelligenza artificiale non possono non tener conto.

Le metanarrazioni più deleterie per il progresso scientifico, (accanto a quelle legate all’avveramento o confutazione delle profezie e dei dogmi del vecchio e del nuovo testamento – che dimostrano nella cultura occidentale una preponderanza del pensiero cristiano ed ebraico -), sono state quelle fondate sulla verità unica e sugli universali, sulle leggi universali a valere sempre e ovunque, sulla generalizzazione a partire dal particolare, (sempre avversata da David Hume). In base alla legge della relazione causa-effetto, qualsiasi problema o evento risultava sempre riconducibile a una sola causa ad un solo fine ultimo, o scopo finale.

Accanto (e in opposizione) alla logica aristotelica, alle categorie, ai principi di identità e di non contraddizione, ma anche alla possibilità di ridurre il tutto (il mondo osservabile) ad una rappresentazione e ad una trascrizione su un sistema di assi cartesiani, (con i due assi ad indicare spazio e tempo), si sta facendo sempre più strada nell’ambito dei sistemi complessi, come l’organismo umano, ma anche la maggior parte dei fenomeni biologici, il concetto dinamico di “emergenza”.

L’emergenza, come percorso dinamico, è opposta sia al creazionismo (la creazione in sol punto, in un sol tempo e in un solo luogo), che al determinismo preordinato in ogni dettaglio.

Secondo la logica e le categorie tradizionali, a partire da una causa data (fattori o concomitanza di fattori) deriva sempre un effetto, conseguenza interamente prevedibile e preordinata.

L’emergenza della sapienza matura nel corso dell’evoluzione di hom*o sapiens per effetto dell’incrocio tra sapiens etiope e Neanderthal al di fuori dell’Etiopia è un esempio paradigmatico di questo nuovo modo di concepire l’uomo e il mondo. E la sua evoluzione.

L’universo che emerge con o senza Big Bang, o con le forme e date incerte e con diverse dinamiche di inizio potrebbe costituire un altro esempio.

Francesco Cetta, Docente IASSP di “Intelligenza Artificiale Umanizzata” e docente Università San Raffaele, Milano

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